N.15, VOL. II, 2003
TEMPO DI VACANZE.
Le memorie della nostra infanzia ed adolescenza sono indelebili nell’animo, anche quando in apparenza sono scomparse nell’oblio del passato, confuse con le altre innumerevoli immagini che ingombrano la nostra mente. A differenza dei nostri progenitori, noi viviamo in un mondo che si fonda sull’informazione: un continuo flusso d’immagini e dati penetrano la psiche ed involontariamente, da validi elaboratori di notizie, riteniamo buona parte di questi, molto spesso inutili, dati, creando un sovraccarico intellettuale. Questa nuova marea d’informazione, impostaci senza tregua, molto spesso causa quello “stress” che molti di noi proviamo alla fine della giornata lavorativa. La quantità e rapidità del materiale non ci permettono di digerirlo in maniera adeguata, scartando quello superfluo e ritenendo quello necessario.
Il mondo dell’informazione, insomma, può essere un poco equivoco e darci un mal riposto senso di sicurezza, d’appartenenza ad una società che in realtà è in continuo, rapido mutamento e che non permette lunghe pause. Il classico personaggio uscito dalla fervida mente di Washington Irving, Rip Van Winkle, se fosse vissuto nel nostro secolo, non avrebbe certamente avuto bisogno di assopirsi per cent’anni onde ritenersi un estraneo nella propria cittadina. Qualche mese sarebbe stato più che sufficiente.
I vantaggi che questa nostra nuova società ci hanno portato sono innumerevoli, ma la gravità dei danni che questa produce alla serenità ed alla nostra capacità emotiva, pur essendo profondi, non sono mai così evidenti da allarmarci, e continuiamo in questa maniera senza renderci conto di ciò che si va perdendo. Non riusciamo più ad ammirare un tramonto od un cielo stellato, perché dobbiamo vedere il tale programma televisivo oppure perché non ci sembra “produttivo” abbastanza come metodo di rilassamento, di distrazione. È chiaro che anche nel tempo libero dobbiamo produrre, anche se la produzione è di tipo diverso, e se non lo facciamo ci sentiamo in colpa. Quante persone elencano con orgoglio i vari divertimenti, quasi tutti a pagamento s’intende, che hanno potuto godere nelle loro vacanze, ponendo in enfasi il livello di tale svago, il costo, l’unicità, senza mai affermare se, in verità, era quella la loro intenzione originale. Dove sono finite le vacanze nelle quali una nuotatina, un po’ di sole preso steso su un asciugamano ed una gassosa erano tutto ciò che ci bastava per ricaricarci? Il marketing, che questa nuova società ci forza continuamente ad accettare come normalità, ci ha convinto che dobbiamo avere la macchina più potente, la casa più grande, il lavoro meglio pagato onde essere felici. Dove sono finite le predilezioni al ridotto, l’amore per l’intimità, la passione per la propria professione? Dobbiamo considerarci persone di successo perché abbiamo più degli altri, anche se questo ci può costare la salute, la famiglia, la nostra vera identità?
Ragioniamoci sopra. Riscopriamo il nostro passato, le nostre origini. Scaviamo nella nostra marea di ricordi, dei quali solo una porzione irrisoria sono autenticamente ed esclusivamente nostri, e riviviamo mentalmente la semplicità della nostra gioventù, permettendoci il “lusso” di osservare le onde del mare che s’infrangono, instancabili, ritmicamente sulle rocce o sulle spiagge. Insegniamo ai nostri figli e nipoti che ammirare le stelle non è una perdita di tempo, ma una contemplazione che espande l’anima e ci avvicina a Dio. Ritorniamo a vivere con la “V” maiuscola, dove per svagarsi possiamo anche fare a meno per un po’ dei vari computer, video game, televisioni ed altri “aggeggi” che, pur portandoci tanto illusorio appagamento psicoemotivo, molto spesso ci derubano dell’armonia con la natura, rendendoci tanti eremiti. Ritroviamo noi stessi: la tecnologia può sempre attendere…