IL VOLONTARIATO

N.20, VOL. II, 2004

Il Volontariato.

Fin dagli albori della civiltà, gli uomini hanno dimostrato una dicotomia nel comportamento che in un certo senso può essere riassunta nel concetto base della lotta tra il bene ed il male che pervade tutti i testi ebraico-cristiani. L’umanità ripete di continuo cicli storici che raggiungono il fondo di un abisso autodistruttivo, per poi ricominciare l’ardua scalata alla civiltà ed al benessere. I vari imperi che hanno conquistato le nazioni limitrofe sono poi stati, a loro volta, conquistati e molto spesso distrutti nel processo d’assimilazione forzata.

A dispetto di quest’istinto che ci porta a far scomparire intere civilizzazioni, l’uomo ritrova sempre il senno e riprende la propria strada verso una civiltà modello. Vi è in noi, infatti, quel “seme divino” che ci permette di superare ogni ostacolo, quel bisogno di far del bene ad un altro essere umano anche senza conoscerlo, quella necessità di donare sé stessi, anche a costo dell’estremo sacrificio, affinché un altro non debba sentirsi solo.

Usando come punto d’appoggio morale o filosofico una religione, un’associazione, a volte un gruppo nato all’occasione, l’uomo trova il modo di offrire i propri servizi senza attendersi alcun contraccambio. Madre Teresa, il Dottor Schweitzer, gli innumerevoli medici ed insegnanti che hanno dedicato la vita a portare un po’ di gioia ad esseri umani che vivevano, e vivono, nella più profonda miseria fisica, e molto spesso spirituale, sono solo una piccola frazione di un’armata di volontari che fin dalla notte dei tempi hanno offerto sé stessi, in un modo od un altro per la felicità altrui. Molti di questi volontari affrontano una vita di sacrifici e di pericolo, a volte anche la morte, affinché un malato sia curato, un bimbo sia educato, una bocca sia sfamata. Il minimo che possiamo fare è di sostenere finanziariamente, nei limiti delle nostre possibilità, tutte queste attività che portano verso una società ideale, certamente utopica ma non per questo da scartare, nella cui direzione abbiamo cercato, anche se tentoni, di dirigersi.

Tutto ciò non basta, però. Dobbiamo inculcare ai giovani la necessità di fare del volontariato. Non mi riferisco alla posizione d’infermiere in un ospedale della Tasmania o di distributore del cibo in Etiopia nel bel mezzo della carestia, idee grandiose, meritevolissime, che però richiedono principi inattaccabili ed un coraggio invidiabile. Non tutti noi possiamo essere “eroi”. Possiamo nondimeno restituire alla società un poco di quel ben di Dio che c’è stato dato.

Se abbiamo la salute (quale ben di Dio può essere più importante?) tocca a noi aiutare, anche in modo minimo, chi non ne ha. Leggere un libro ad un bimbo ospedalizzato, visitare gli anziani negli ospizi, distribuire del cibo ad una mensa pubblica, fare una marcia allo scopo di raccogliere denaro per un’associazione benefica… Non si ha, però, solo bisogno di volontari in associazioni benefiche legate alla battaglia contro le malattie o contro la miseria. Esistono tante associazioni (senza scopo di lucro) che portano un sorriso, una parola amica, a volte un senso d’appartenenza, a chi ne ha bisogno. Se non ci fossero volontari, non ci sarebbero parate e spettacoli gratuiti nelle case di cura…non ci sarebbe alcuno a spegnere gli incendi o a trasportare i malati con l’ambulanza nei paesi piccoli…le biblioteche dovrebbero ridurre ancor più gli orari… e così via. Anche L’Idea, la vostra rivista, è sostenuta esclusivamente dall’instancabile e continuo impegno di pochi volontari, oltre che dal vostro supporto finanziario. Non dimentichiamolo…

Le scelte sono innumerevoli e non tocca a noi scegliere per i nostri giovani. La nostra funzione è di dare un buon esempio. Offriamo quindi un po’ di noi e dimostriamo che il “seme divino” esiste anche in questi nostri poveri involucri stressati dalla vita moderna. I giovani dovranno seguire.