N.12, VOL. II, 2003
Columbus Day.
È la festa di Columbus Day. Migliaia d’italiani, italici, italoamericani ed italofili marciano con determinazione lungo la Quinta Avenue di Manhattan, affiancati da una marea di simpatizzanti, appartenenti a svariate associazioni civiche e scolastiche. New York festeggia la scoperta dell’America celebrando il coraggio e la tenacia di un italiano. Noi della redazione dovremmo essere presenti, come negli ultimi quattro anni, ma non lo siamo. Mancanza di tempo? Mancanza di personale? Altri impegni emersi all’ultimo minuto? Niente di tutto questo. Non c’eravamo perché non l’hanno permesso.
“Ve l’hanno proibito?”, direte voi. Non esattamente…
Forse è meglio però risalire un poco nel tempo per chiarire la situazione. La disposizione nella parata per noi de L’IDEA era già stata predisposta. Come negli anni precedenti avremmo sfilato con la nostra simpaticissima Miss Idea seduta comodamente in una lussuosa automobile. Un nostro sponsor ci aveva offerto una splendida Ferrari. In una sfilata dedicata a Colombo, un nome rispettato come quello della casa modenese avrebbe certamente apportato un tocco di classe ed avrebbe giovato ancor più a mettere in risalto il fascino della nostra amabile Miss. Affermare che eravamo giubilanti è più che superfluo.
Ecco che però, come il solito, non avevamo calcolato l’immenso amore fraterno che accomuna noi italiani, quel forte senso di collaborazione che ci permette di discutere per ore senza concludere nulla, quella voglia matta di aiutarci, di spalleggiarci, di fare fronte comune alle forze esterne, non permettendo a Hollywood di raffigurarci esclusivamente come “mafiosi” o “pizzaioli”. “Come”, direte voi, “lei si permette di prendere in giro la nostra unità, la nostra voglia di fare?” No, tutt’altro. Sono convinto che noi italiani siamo, in effetti, un popolo “speciale”, che ha certamente molti più pregi che difetti. Garibaldi mi darebbe ragione, però, quando asserisco che l’unità non è il nostro forte, in generis.
Non voglio concordare con un vecchio detto, che dichiara senza mezze misure come l’unica ragione per la quale tre italiani si riuniscono sia quella di fare le scarpe ad un quarto loro conterraneo (mi scusino i lettori se non rammento le parole esatte, ma la sostanza innegabilmente rimane immutata). Se io fossi convinto di ciò, che non ci siano speranze di collaborazione tra noi italiani, non avrei sicuramente accettato di essere nominato e poi eletto consigliere dei Com.It.Es. di New York e Connecticut!
Per me, riconoscere che noi italiani a volte, anzi, molto spesso, siamo autodistruttivi, è sano perché mi permette di sopravvivere anche in un ambiente come quello dell’odierno Com.It.Es., con tutte le sue idiosincrasie ed inefficenze. Ciononostante, non ero preparato alla “sparata” del rappresentante dell’associazione che gestisce allestimento della parata. Egli, in una conversazione telefonica con il nostro Direttore Generale, asserì difatti che non avremmo potuto usare la nostra benamata Ferrari. Un accordo preso con la Daimler-Chrysler permetteva solo di usare Mercedes nella parata! Campanile rimase sbalordito all’esistenza di questa nuova, strana regola. Chissà perché poi una macchina tedesca? Ad ogni modo, il nostro energico Direttore non si lasciò prendere dal panico, giacché il rappresentante lo rassicurò che ci avrebbe pensato il comitato organizzativo a procurare la macchina, naturalmente senza spese, considerando il nostro status di compagnia not-for-profit.
Passarono i giorni e la telefonata di conferma si faceva desiderare. Campanile richiamò il comitato per saperne di più: clamoroso, la macchina non ci sarebbe stata! Nessuno si era naturalmente premurato di chiamare L’IDEA… L’inarrestabile Leonardo, anche di fronte a questa situazione ormai palesemente compromessa, tentò di tutto per salvare la situazione, riproponendo la volontà di sfilare con Miss Idea seduta comodamente in una Ferrari decappottabile. La “signora” che aveva risposto al telefono in quest’occasione e che in passato si era sempre rivelata disponibile e gentile, reiterò l’impossibilità di partecipare alla manifestazione con la nostra macchina. Alla richiesta del nostro direttore di confermare con un Fax l’esistenza di questa nuova regola, la “cordiale” gentildonna asserì che la nostra richiesta era inammissibile. Forse erano troppo occupati per inviare un Fax?
“Essere o non essere?”, asseriva Amleto. “Partecipare o non partecipare?”, ponderava Campanile. I dilemmi della storia si risolvono sempre, anche se non obbligatoriamente nella maniera più adeguata e appagante.
Fu così che L’IDEA decise di non partecipare ad una parata nella quale sarebbe dovuta sottostare ad una regola, assodato che poi fosse esistita davvero, anomala e certamente controproducente in tutti i sensi.
Nel caso che vi siamo mancati, quindi, quel giorno gioioso della parata di Columbus Day, il mistero è risolto.