Arriva il 2000

N.1, VOL. II, 2000

Arriva il 2000.

Cosa diranno gli storici del 3000 sull’anno che stiamo per vivere? Cosa rimarrà di strutturalmente valido ed integro dei nostri tempi? Saremo giudicati per la nostra apparente efficienza economico-sociale (che nasconde in realtà una profonda inefficienza, specialmente nell’uso dell’energia e nel riutilizzo delle materie prime) o per la nostra evoluzione culturale? Quali saranno i personaggi d’oggi che rimarranno negli annali della storia?

Sono tutte domande che probabilmente molti uomini colti del passato si sono poste a loro volta, anche se in altra forma. Nella speranza che qualcosa della loro opera rimanesse nel tempo, quasi tutti gli uomini dediti ad un’arte o alla scienza, nel corso della nostra storia, si sono dedicati ad esse con tutto il cuore. Ma cosa rimane in verità del loro passaggio? Non molto.

Bisogna aggiungere anche che la vertiginosa fase evolutiva dell’odierna società preclude sempre di più la sopravvivenza degli oggetti, siano essi artistici, letterari o scientifici, nel nostro apparato mnemonico. La società continua a sfornare nuovi prodotti, nuovi idoli, nuove versioni storiche, nuove scoperte, senza lasciarci neanche il tempo materiale di poterne ritenere la memoria. Quando questo succede, ci pare quasi una stranezza. Siamo cresciuti ascoltando la musica dei dischi vinilici, che, posti su un piatto rotatorio (che girava a 78, 45, 33 o 16 giri), venivano graffiati da una puntina che portava il suono estratto ad un amplificatore. È un concetto semplice e non molto lontano, ma se ne parlate a molti dei nostri giovani, non comprendono a cosa ti riferisci. Dischi? 45 giri? Giradischi? Tutto è svanito nell’enorme buco nero del progresso. Thomas Edison (ma chi è?) ne rimarrebbe traumatizzato.

Dobbiamo pensare quindi che ben poco rimarrà di noi contemporanei nell’anno 3000? Difficile a dirlo. Ma se non possiamo che cercare d’indovinare il futuro, certamente dovremmo riesaminare la nostra visione del passato e rivalutare la cosiddetta primitività dei nostri antenati. Ad esempio, possiamo affermare che il mondo dell’anno 1000 non era né il periodo buio che ci hanno sempre fatto credere nella nostra istruzione elementare, media e liceale, né un periodo particolarmente negativo per l’inventiva umana.

Fu proprio in quel periodo che venne inventato il collare rigido per cavalli, che permetteva di trainare l’aratro e quindi di semplificare il lavoro. L’unico problema fu che, all’inizio, quest’aggeggio costava troppo per essere acquistato dai contadini (ricordate i primi computer ed il loro prezzo esorbitante?), quindi ci volle più di un secolo prima che tale strumento avesse un’influenza positiva sull’agricoltura. —Bene,– dirà il lettore– ma allora era veramente un periodo buio–.

Esaminate i fatti e poi potrete tirare le vostre conclusioni.

Il papa dell’anno 1000, Silvestro II, era un uomo geniale, con profondi interessi nell’astronomia e nella geometria. Conosceva l’uso dell’astrolabio e dell’abaco ed era riuscito ad usare la propria influenza politica in modo positivo sia per la Chiesa sia per il popolo d’Europa. —Chiaramente aveva fatto un patto con il diavolo— dicevano i contemporanei italiani (del resto aveva anche la colpa di essere il primo francese ad assumere tale posizione).

Fin da quei tempi si fumava (certamente solo in America, giacché gli europei non l’avevano ancora scoperta) e lo provano i resti di anfore Maya con disegni raffiguranti uomini che fumano tabacco. Consolatevi, però, poiché in Inghilterra si usava mangiare del pane raffermo di segale, sul quale cresceva un fungo produttore di acido lisergico (LSD), onde arrivare allo stordimento.

Già prima dell’anno 1000 esistevano dozzine d’ospedali, uno dei quali adibito esclusivamente alla cura dei pazienti con problemi psichici, nelle città islamiche; nel medio oriente c’erano inoltre cliniche ambulanti su cammello. Nel mondo occidentale invece (eravamo un tantino più indietro a quei tempi dei nostri contemporanei musulmani) i malati di mente venivano lasciati a se stessi, liberi di girovagare ed anche di far del male. In compenso i nostri preti tentavano di esorcizzare la pazzia, considerandola un’invasione del diavolo, gettando così, forse, le basi per l’odierna psicanalisi.

I cigni ed il latte d’asina erano considerate ghiottonerie ed il pane (più di un chilo al giorno a testa) veniva consumato senza la crosta. La frutta era sconsigliata per i lattanti, gli anziani ed i malati. Quando v’era carestia, la gente del popolo si adattava a mangiare i prodotti naturali del bosco, quali le bacche, le radici e le piante selvatiche, ma negli anni migliori si abbuffavano seguendo un regime dietetico che s’aggirava sulle 6000 calorie al giorno! Cosa si mangiava ? Non certo le orecchiette con i broccoli di rapa o gli spaghetti con la pummarola ‘n coppa, dato che spinaci, broccoli, broccoli di rapa e pasta vennero importati dall’oriente due secoli più tardi, mentre pomodori, patate e granoturco arrivarono solo dopo le gite  nel nuovo mondo dei nostri esploratori (cioè dopo il 1492). Il pollo e la carne di manzo erano dei lussi, ma il maiale e la pecora erano alla portata anche dei poveri. Carote, porri e cipolle si trovavano in abbondanza e venivano cucinate in molteplici maniere. Il miele era l’unico dolcificante in esistenza, mentre il vino ed il formaggio erano parti essenziali della loro dieta.

I nostri contemporanei orientali godevano invece di una più abbondante varietà di cibi e vi erano in esistenza anche molti ristoranti, nei grandi centri urbani, che cucinavano cibi di altri gruppi etnici (anche in questo noi occidentali eravamo un po’ handicappati al confronto dei nostri vicini). In compenso le epidemie causate da cibo contaminato da funghi erano, nei tempi di carestia, di una dimensione inimmaginabile. A riguardo delle buone maniere, i bizantini usavano la forchetta per mangiare, ma in Italia questa arrivò solo nel 1070 e, fino ad allora, il coltello rimase l’unico attrezzo usato per mangiare cibi solidi (l’ospite se lo portava con sé al banchetto).

Mentre i nostri monaci copiavano pazientemente i manoscritti, in Cina i libri venivano stampati e distribuiti ad un vasto pubblico di lettori (rieccoci con il complesso d’inferiorità per noi occidentali). Il primo romanzo psicologico, La Storia di Genji, venne pubblicato in Giappone proprio in quegli anni!

I ragazzi di buona famiglia, arrivati ai sette anni dovevano scegliere la loro carriera. Se non erano gli eredi del titolo nobiliare, il cavaliere o l’ecclesiastico erano le alternative rimaste. In compenso la maggioranza dei religiosi erano sposati . Le giovani si sposavano verso i dodici o tredici anni. Qualora il matrimonio non avvenisse prima di una certa età, le possibilità erano poche. Molte diventavano suore o si davano alla filatura. Da qui il termine inglese spinster, cioè filatrice, per definire una zitella.

La Chiesa era ossessionata dal sesso e da ciò che può ritenersi naturale in un rapporto fisico. L’amplesso doveva avvenire nel matrimonio solo per riprodurre e solo nella posizione missionaria. Le regole per i rapporti sessuali erano a ogni buon conto ben definite nei penitenziali, i libri  usati dai confessori. Il vescovo tedesco Burchard pubblicò un testo nel 1012, il Decretum, che conteneva ben 194 trasgressioni sessuali in dettagli espliciti, facendo di questo volume, involontariamente, un libro di  referenza per chi cercasse delle posizioni copulative inusitate.

Un decimo della popolazione europea era in condizione di schiavitù (in questo gli orientali non stavano meglio di noi, avendo anche loro intere popolazioni in tale stato). Interessante che il vocabolo schiavo trovi le sue radici etimologiche in slavo, cioè abitante della Slavonia (l’odierna Dalmazia). L’imperatore Ottone il Grande aveva difatti posto tale popolazione in asservimento ed i suoi discendenti mantennero lo status quo, rendendo slavo (slavus, in seguito modificato in sclavus) omonimo di servo.

Anche la fama apocalittica del periodo sembra che non abbia fonti storiche verificabili. La gente del tempo era in fin dei conti preoccupata troppo di tirare la lima nei tempi buoni, per bilanciare quelli di carestia,  per potersi permettere queste divagazioni e preoccupazioni. Molti degli abitanti del tempo non seguivano neanche un calendario ufficiale! Come essere consapevole quindi che nell’anno 1000 il mondo doveva essere distrutto? Alcuni proseliti di questa nefasta teoria che aveva legato la fine del mondo ad un anno specifico, in questo caso il 1000, c’erano, ma non ebbero molta influenza sull’andamento della società del tempo. Come del resto gli apocalittici odierni lasciano il tempo che trovano, non rendendosi conto che vi sono chiare indicazioni nella Bibbia sull’impossibilità per gli esseri umani di determinare la data esatta dell’Apocalisse. Molte le eresie del tempo, però, specialmente in Italia ed in Francia. Quella di Costantinopoli del 1054 portò, come si sa, al grande scisma d’oriente ed alla nascita della Chiesa Ortodossa.

Riepilogando, l’anno 1000 ci presenta un’Europa carente in molti campi a confronto con il Medio e l’Estremo Oriente. Ciononostante non vi è in essa una società disastrata, bensì una collettività in cerca di un proprio ordine sociale che troverà solo dopo molti secoli, portandola all’avanguardia del mondo intero.

Nel porre un giudizio su questo anno 1000, quindi, ricordatevi che gli uomini essenzialmente non hanno subito questi enormi cambiamenti che ci vogliono far credere (lasciando stare poi le nazioni odierne che sono ad uno stadio inferiore, culturalmente e socialmente, dei nostri antenati). L’esteriorità, le abitudini e le leggi cambiano, ma l’umanità nasconde sempre in sé elementi positivi e negativi, uomini di genio ed imbecilli, uomini essenzialmente incorruttibili ed uomini immorali: è l’essenza della natura umana. Speriamo che i nostri discendenti siano altrettanto magnanimi con noi.