Gianni Rivera: l’Idolo del Calcio Italiano

Gianni Rivera:l’Idolo del Calcio Italiano

Non potevamo immaginare un’opportunità più intrinsecamente soddisfacente per la nostra rivista: un’intervista a Gianni Rivera, l’idolo del calcio italiano, il calciatore italiano considerato il “migliore di tutti i tempi”, la “stella” del Milan ed allo stesso tempo l’uomo politico di successo, il Sottosegretario alla Difesa in viaggio di rappresentanza presso le Nazioni Unite. Era l’en plein che ci permetteva di offrire ai nostri lettori un’intervista interessante e di venire a contatto con il modello calcistico della nostra gioventù (chi può negare di aver provato simpatia ed ammirazione per il suo gioco “pulito, scorrevole ed intelligente” pur tifando per altre squadre?). La sorpresa maggiore venne nello scoprire che Rivera ha ritenuto una sembianza immutata negli anni (le foto ne danno testimonianza) e che è un gentleman in tutti i sensi: impeccabile, garbato, brillante e soprattutto “simpatico”, aggettivo che molto spesso per i nostri politici è una contraddizione lessicale, un ossimoro. È quindi con grande piacere che vi offriamo questa nostra breve intervista con l’onorevole Gianni Rivera.

L’IDEA: Il suo è un nome memorabile nella cronistoria del calcio, sia di quello italiano sia di quello internazionale. Qual è stato il sentiero che l’ha portato alla politica?

GIANNI RIVERA: Cambiata la proprietà del Milan, con l’arrivo di Berlusconi, era abbastanza evidente che, per quanto mi riguardava, non ci sarebbe stata possibilità di proseguire un rapporto all’interno del Milan, perché c’era un modo di pensare abbastanza diverso. In quello stesso periodo, Gianni Goria, che era ministro del tesoro del governo Craxi, e Bruno Tabacchi, che era segretario regionale della Democrazia Cristiana in Lombardia, ed io ci trovammo in un paio d’incontri con amici comuni e allora nacque l’idea di poter pensare di candidarmi, eravamo agli inizi del 1987, per le elezioni che erano previste per il 1988. Allora s’incominciò a parlare di tale possibilità, avendo un anno di tempo per conoscere meglio l’ambiente, per capire i meccanismi, dato che io non mi ero mai interessato di politica diretta. Solo che cadde il governo Craxi, si decise di andare alle elezioni anticipate e quindi nel giro di poco tempo si dovevano fare le nuove liste elettorali… mi telefono Tabacchi e mi disse:–Guarda, ti abbiamo messo in lista e devi andare a firmare l’accettazione.—A quel punto lì io decisi di accettare, andai a firmare e così cominciai, in modo un po’ casuale, però in modo convinto, perché diversamente non l’avrei fatto.

L’IDEA: Cosa l’ha portato a New York?

RIVERA:  A New York c’è un seminario organizzato da alcuni stati delle nazioni unite, in particolare Danimarca e Svezia, che avevano chiesto l’intervento di alcune nazioni, almeno di tutte quelle che erano disponibili a farlo, per costituire una brigata chiamata SIRBRIG, legata alle attività dell’ONU, che si potrebbe muovere in caso di calamità naturali, oppure fare interventi a favore della pace, un peacekeeping vero e proprio, o addirittura un peace enforcement, vale a dire un passo superiore al classico intervento per quanto riguarda l’attività di garantire la pace, forzandola un pochino.  Si sta lavorando per creare questa brigata, è stata convocata l’area che ha aderito a quest’organizzazione e ci sarà un seminario. Ci saranno vari interventi degli stati che hanno aderito alla formazione di questa brigata.  Il problema sarà di individuare che cosa questa brigata può veramente fare.

L’IDEA: Qual è la situazione della leva in Italia riguardo il servizio civile e la partecipazione femminile?

RIVERA: La legge sul volontariato femminile è già stata approvata; sono stati iniziati i primi concorsi e le accademie militari, sia navale sia dell’esercito e sia dell’aeronautica, stanno facendo le selezioni adesso per capire chi ha la possibilità di inserirsi immediatamente. Poi si pensava di aprire… c’era la possibilità di una chiamata diretta per quanto riguardava la formazione degli ufficiali che devono ricevere le truppe… naturalmente prima bisogna iniziare dagli ufficiali e poi arrivare alle truppe. Rispetto a quello che avevamo immaginato, e cioè che per la truppa ci fosse spazio dall’anno prossimo, credo che probabilmente che fra settembre – ottobre si può cominciare ad anticipare i tempi e ricevere già la truppa e quindi anche quelli a chiamata diretta per poter fare anche un’incorporazione un poco anticipata.  Per quanto riguarda la leva c’è un disegno che è già stato approvato in Commissione Difesa della Camera che deve andare in aula per essere affrontato sul piano dipartimentale abbastanza velocemente che è quello del superamento della leva a favore dell’esercito professionista.

L’IDEA: L’alleanza NATO negli ultimi anni si è molto rafforzata nel numero dei propri componenti.  Che cosa significa questo per l’Italia?

RIVERA: È un fatto importante. Noi culturalmente siamo sempre stati dell’idea che è essenziale che ci siano più possibilità di dialogare con il mondo esterno, fondamentali per garantire un’unione, la pace, un punto d’incontro ideale fra tutti coloro che desiderano vivere nel benessere e soprattutto superare il concetto della violenza e andare a garantire la parte più debole dell’umanità. Quindi per noi è un fatto molto positivo che ci sia stato un  allargamento ad alcune nazioni e ci auguriamo che possa esserci un allargamento ad altre nazioni che stanno facendo questa richiesta e speriamo che questo avvenga in modo da poter accelerare quello che è un percorso secondo noi ineludibile che è quello di garantire la pace e il benessere per tutti.

L’IDEA: La situazione delicata degli immigranti clandestini, in particolare quelli provenienti dall’Albania, crea delle problematiche in seno all’apparato della difesa?

RIVERA: Specificamente nell’apparato della difesa no. Non  ci sono pericoli per quanto riguarda l’attività all’interno delle forze armate. Il problema è un pochino più ampio, più generale, che è quello che riguarda l’attività del paese a tutti i livelli.  Ci sono alcune “infiltrazioni” che possono comportare un po’ di scombussolamento nell’attività di tutti i giorni per i nostri cittadini. Noi stiamo cercando di combatterle nel miglior modo possibile, sapendo che non è una cosa così semplice.  Chiudiamo le frontiere, è facile dirlo ma poi è difficile anche realizzarlo, non solo perché non fa parte della nostra cultura, che è quella di aprire, dato che noi per tanti anni abbiamo avuto degli immigranti che sono stati accolti, magari non benissimo, ma che hanno trovato la loro vita presso altri stati, e quindi a questo dobbiamo essere certamente aperti, con l’attenzione a quella parte più delinquenziale, quella più pericolosa, quella più violenta va combattuta e messa alla porta e questo mi pare che sia indiscutibile. Cerchiamo di affrontare il problema con la massima elasticità possibile, quelli che dicono –Bisogna combattere l’immigrazione—lo dicono ma poi lo sanno che ci sono delle oggettive difficoltà. Certo, l’ideale sarebbe quello di incidere sul miglioramento della vita in casa loro… bisogna lavorare perché questo possa avvenire al più presto in modo che si possa dare quel benessere a quelle nazioni che hanno questi problemi…

L’IDEA: La comunità italiana negli USA è molto spesso incompresa o mal valutata negli occhi di molti italiani, ignari forse della sua importanza nel seno della comunità americana. Lei se l’immaginava diversa da come l’ha trovata?

RIVERA: No, io non ho mai avuto l’impressione che ci fosse… può darsi che qualcuno abbia avuto la sensazione di non essere accolto bene dalla comunità italiana. Personalmente non ho avuto la sensazione che ci potesse essere questa condizione… ho sempre avuto ottimi rapporti, ottime sensazioni nei rapporti che ho avuto con i cittadini italiani che hanno scelto di vivere, per oggettive difficoltà nella propria patria, lontano da casa loro. D’altra parte io faccio parte di una famiglia che… tre fratelli di mia madre sono partiti tanti anni fa per l’Uruguay e hanno costruito la loro vita a Montevideo, quindi capisco benissimo le difficoltà in questo senso… Credo che si debba avere ottimi rapporti invece con chi ha fatto una scelta… obbligata. Nessuno avrebbe voluto farla… affrontare le incertezze di un altro mondo…

L’IDEA: Che cosa ne pensa del voto per gli italiani all’estero?

RIVERA:  Penso che bisognerebbe affrontare il problema e risolverlo definitivamente. Adesso credo che ci siano queste condizioni… ci sono difficoltà organizzative… forse si è aspettato troppo tempo prima di risolvere un problema che andava risolto molto tempo fa e può darsi che la scelta, per esempio, del voto per corrispondenza poteva risolvere gran parte dei problemi che ognuno aveva. D’altra parte, è facile immaginare che in una nazione grande come gli Stati Uniti o come l’Argentina, dove ci sono oggettive difficoltà a raggiungere il Consolato o l’Ambasciata per andare a votare si poteva trovare una soluzione diversa, come già altri stati avevano fatto. Però io credo che adesso un passo con la nuova legge sul voto degli italiani all’estero è stato fatto ed è già un fatto positivo. Se si potrà migliorare ancor di più, tanto di guadagnato. Intanto abbiamo fatto il primo passo…